venerdì 15 luglio 2011

I Tornei di calcio

Quando arrivammo all'età giusta, ci prese a tutti (ai maschi, intendo) la fissazione per il calcio. Dopo aver tirato calci a qualunque ora e per anni interi a palloni improvvisatissimi fatti di cartoni o stracci arrotolati e tenuti insieme da spaghi racimolati in qualche modo, correndo e affannandoci giù per le strade di Fontebranda, all'Incrociata o nella Piazzetta delle Fonti, ecco che questo non ci bastò più. Si cominciavano a formare squadre che poi partecipavano a tornei di calcio a 7 o a 9 che si tenevano al Costone, all'Oratorio (in via del Sole) o al Campansi. Chiamarle squadre era un pò azzardato visto che, specie nei primi anni, era manna se c'erano le magliette tutte uguali, poi, per quanto riguardava i pantaloncini e le scarpe, occorreva arrangiarci. Le squadre erano sovvenzionate (diciamo così) principalmente dalle parrocchie che fornivano le maglie, che poi dovevano essere lavate a turno, dalle famiglie di noi giocatori.

Questa immagine (mi risulta del 1955) mostra la formazione del San Domenico (maglia rossa e pantaloncini bianchi) in posa sul campino dell'Oratorio. Qualcuno di noi (io, Mario Parmigiani e Bèmbere) indossa la maglia direttamente sulla camicia.. Bémbere addirittura non si è levato nemmeno la cravattina bianca!.
La bellissima foto mostra, da sinistra a destra;
in piedi:
Enzo Cortecci, Angiolino (Barolle), Mario Parmigiani e me;
accosciati:
Senio Sensi, il portiere Coli (?) e Roberto Barbagli.
Non si sa il nome della squadra avevrsaria né come finì la partita...




r.m.

Come eravamo...

Ho sempre avuto passione per la fotografia, una passione che risale ai primissimi anni Cinquanta quando mio zio, avendone comprata una più moderna, volle regalarmi la sua (mitica) Voiglandter a soffietto. Mai regalo fu più gradito. Era una macchina in cui il mirino era costituito da un prisma che si traguardava dall'alto; conteneva un rullino da 9 fotografie e aveva bisogno di mille attenzioni ma per me era un tesoro. La portavo con me in tutte le occasioni anche se (bischero!) raramente mi venne in mente di riprendere le immagini della mia contrada e dei miei amici.

In questa rarissima foto abbastanza sfocata (e che risale alla metà degli anni Cinquanta) sono ripresi però ben 8 di noi, ragazzi dell'Incrociata, come mi piace chiamarli.
In piedi, da sinistra a destra:
Luciano Collini (Zanzara), Fabio Laini, Senio Sensi, Onis Feri e il sottoscritto (Biribissi);
accosciati:
Vittorio Rosi (Bersagliere), Mario (Buapére) e Roberto Barbagli (Bembere).
Siamo tutti allineati contro il muro davanti alla cancellata della Basilica di Santa Caterina.
La macchina fotografica era la mia ma non ricordo chi scattò la foto.
r.m.

venerdì 8 luglio 2011

L'Incrociata

L'Incrociata è il cuore di Fontebranda e quindi, della Nobile Contrada dell'OCA. Oggi meno, ma negli anni Quaranta, e per qualche decennio ancora, il fatidico punto dove Via Santa Caterina (che precipita, dritta come un fuso, da Via delle Terme fino alle Fonti) viene attraversata da Via della Galluzza (che scende da Diacceto e poi risale col nome di Costa di Sant'Antonio verso la scalinata posta davanti alla Basilica di Santa Caterina), era il luogo deputato ci si riuniva non appena potevamo per chiacchierare, giocare, cantare, scherzare, fare casino, accapigliarsi, e insomma, come si direbbe oggi, "socializzare".
L'incrociata era il centro della Contrada e, anche non era niente di speciale (due strade che si intersecano) c'è da dire che aveva proprio tutto per piacerci visto che era dotata di un comodissimo scalino ad altezza decrescente (in modo che ci potessero sedere proprio tutti), e di una simpaticissima fontanina. Questa, chiamata da tutti: "la cannella dell'Incrociata", era una di quelle tipiche fontane comunali a forma di colonnino, dalle quali, girando una manopola d'ottone, l'acqua fuoriusciva dalla bocca di una lupa; ed era l'ideale per bere, lavarcisi i piedi, schizzarsi, riempirne secchi e tegami se a casa l'acqua mancava, e far divertire in qualche modo la combriccola di ragazzi che, a decine, si trovavano sempre, a qualunque ora del mattino e del pomeriggio, in quei paraggi.
Via della Galluzza e la cannella dell'Incrociata

Io, che avevo la fortuna di abitare proprio a due passi dall'Incrociata, la consideravo un pò come un'estensione di casa mia dato che, come quasi tutti i miei coetanei, passavo quasi più tempo in strada che in famiglia ma c'è da dire che per me come per tutti gli ocaioli nati e cresciuti sulle "lastre" di Fontebranda, in quei difficili ma meravigliosi anni Quaranta e Cinquanta, l'Incrociata era il nostro regno.

 
Quelli dell'Incrociata © 2008