Insomma, il calcio ci aveva contagiato di brutto un pò tutti in Fontebranda, dopo che, stanchi di tirar calci a palloni confezionati con carta di giornale e spago per farli entrare in porte virtuali (identificate da due giacchette ripiegate a tre metri di distanza l'una dall'altra) su per la Galluzza, in Santa Caterina o (a rischio granatate) nella piazzetta del Portico dei Comuni, avevamo assaggiato il dolce profumo del vero football nei primissimi tornei organizzati al Costone.
Così, dopo il primo anno, ognuno di noi aveva cercato di guardarsi intorno per vedere se poteva entrare a far parte di una squadra un pò meno sgangherata e partecipare a qualche campionato "serio".
Beh, premesso subito che qualcuno ci riuscì e fu anche ingaggiato da squadre "vere", benché dilettantistiche, (penso a Stoppa, A Pancino, a Bembere, a Zanzara, a Enzo Vizia e ad altri per non parlare del più bravo di tutti noi, il grande Dudo Casini), nel nostro piccolo anche noi che eravamo un pò più scarsi ci si dette parecchio da fare.
Campansi, 1958. I 3 mancini: io, Luciano Collini e Enzo Vizia |
Dopo i tornei del Costone si passò a quelli dell'Oratorio e successivamente alle partecipazioni ai campionati in "Commenda" (alias Istituto Campansi) dove le partite erano combattutissime e si risolvevano in sfide accanite fra squadre di tutta la città.
Che soddisfazione quando potevamo raccontare di come eravamo riusciti a battere la tale squadra o il modo in cui avevamo segnato quel gol spettacoloso!
C'è da dire che un bell'incentivo alla nostra passione per quello che era ormai diventato il nostro gioco preferito la dette il mitico Padre Agostino. Padre Agostino era un frate dell'Ordine degli Olivetani (oltre che una bravissima persona) che, nominato Rettore della Basilica di Santa Caterina, aveva pensato che avrebbe potuto incrementare notevolmente il nostro attaccamento alla chiesa e la nostra frequenza alle funzioni religiose, sponsorizzando (diciamo così) la nostra passione per il gioco del calcio.
Organizzò una squadra (della quale furono chiamati a far parte tutti e solo noi, ragazzi di Fontebranda), acquistò maglie da gioco nuove (tutte uguali! col numero!), pantaloncini, calzettoni (ai parastinchi ognuno, se li voleva, ci si doveva pensare da sé) e, per i più bravi, persino scarpe da football (quelle coi tacchetti che tutti avrebbero voluto e che quasi nessuno possedeva, allora).
E per qualche anno non si limitò ad iscrivere la nostra squadra al campionato di Commenda ma organizzò anche partite amichevoli contro le formazioni giovanili di paesi vicini alla città, come Taverne D'Arbia, San Rocco e una volta (udite, udite!) anche contro la squadra dei giovani frati di Monte Oliveto (di cui tratterò in un altro capitolo perché ne vale la pena).
Erano partite mitiche, trasferte fatte con uno o due pullman alle quali partecipavano non solo i giocatori ma anche tutta una piccola folla di ragazzi, fidanzate, genitori, amici e conoscenti, tutti eccitati al pensiero di poter trascorrere una domenica diversa, all'aria aperta, ad incitare la "loro" squadra.
Che belle giornate! Che bei ricordi! Che bei tempi quelli, per noi che avevamo avuto la fortuna di essere nati e cresciuti proprio in quegli anni splendenti, e proprio lì, dalle parti dell'Incrociata!
P.S.
(Un ricordo e un saluto dovunque tu sia, caro Padre Agostino! Anche a nome di tutti i tuoi "ragazzi" di allora).
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